Tre milioni di cittadini dei paesi occidentali sono oggi invalidi per colpa di un ictus cerebrale. Dopo Aids e cancro, l’ictus è probabilmente la malattia che affligge le società occidentale più temuta e con conseguenze più devastanti. Non solo è possibile sopravvivere a questo male spietato. Oggi è anche possibile prevenirlo. Come per l’infarto, l’ictus può colpire in modo grave o addirittura letale senza alcun preavviso.

Con che probabilità si rischia l’ictus?

A oggi sono stati colpiti milioni di individui in tutto il mondo. Nei paesi ricchi, l’ictus è la terza causa di morte: in Italia colpisce circa 150mila persone l’anno, uccidendone 30mila. Con l’invecchiamento della popolazione, si arriverà presto a 170.000 casi l’anno, perché dopo i 55 anni il rischio raddoppia ogni 10 anni.

Tra i sopravvissuti, il 60% resta gravemente invalido, non può ritornare a una vita normale e necessita di cure speciali continuative. A 1 anno di distanza dall’evento, solo la metà di queste persone è in grado di tornare a vivere nella propria casa.

Qual è la causa dell’ictus cerebrale?

L’ictus, o accidente vascolare cerebrale, è strettamente connesso con l’arteriosclerosi, cioè il restringimento e l’irrigidimento delle arterie che portano l’ossigeno al cervello. Nei paesi occidentali l’ictus cerebrale è la principale causa di invalidità negli adulti.

L’arteriosclerosi può colpire le arterie che arrivano al cervello o quelle al suo interno. Le loro pareti, danneggiate dalla placca, diventano ruvide o possono fessurarsi , favorendo così il deposito di grumi di sangue (trombi), che con il tempo crescono di dimensioni. Quando l’arteria è completamente ostruita si parla di occlusione trombotica. A volte un frammento di placca o di trombo si stacca (embolo) e raggiunge le arterie cerebrali più piccole occludendole improvvisamente. L’80% circa dei casi di ictus è dovuto a embolia o trombosi (ictus ischemico). Il restante 20% è causato da emorragie, per lo più associate a grave ipertensione: il sangue rompe gli «argini», cioè le pareti arteriose, in corrispondenza di zone più deboli. In alcuni casi invece, soprattutto nei giovani, si rompe un aneurisma, cioè una dilatazione della parete arteriosa, di solito congenita. In entrambi i casi, il sangue si riversa nel cervello (ictus emorragico). Nell’ictus, il sangue non riesce più a rifornire di ossigeno una parte del cervello, che muore. Se la zona è ampia, le conseguenze saranno drammatiche, talora fatali. Se invece l’area è piccola, potranno essere meno gravi.

Chi è a rischio di ictus cerebrale?

Molti casi sono in rapporto con l’ipertensione. Gli ipertesi rischiano infatti 8 volte di più rispetto a chi ha la pressione normale. Nei casi di fibrillazione atriale (battito cardiaco irregolare), il rischio aumenta di 6 volte. Fugaci perdite di coscienza o di altre funzioni (vista, parola, movimento), note come Attacchi Ischemici Transitori (TIA) possono essere dei segnali premonitori. Sono piccoli ictus che regrediscono in 24 ore e possono durare anche solo pochi secondi. Tuttavia, TIA recidivanti aumentano il rischio di ictus vero e proprio, così come ripetuti attacchi di angina aumentano il rischio di infarto. Altri fattori di rischio sono: elevati livelli di colesterolo e trigliceridi nel sangue, fumo, diabete, obesità e sedentarietà, tutte condizioni che favoriscono l’arteriosclerosi. Quindi, i fattori di rischio per l’ictus cerebrale sono gli stessi della coronaropatia in quanto, in entrambi i casi, il disturbo alla base è rappresentato da alterazioni delle arterie che trasportano l’ossigeno vitale ai vari organi.